N° 80
1.
Le
sembra di galleggiare nel nulla o in un mare di melassa liquida a seconda dei
momenti, poi il buio viene squarciato da una luce sempre più vivida. È questo
che accade quando si muore? Si chiede. È il momento in cui si passa dall’altra
parte e si scopre la Verità Suprema?
C’è
un mormorio indistinto, un brusio che non riesce a capire, poi quel brusio
diventa sempre più forte, quasi assordante. Voci che si sovrappongono l’una
all’altra e che solo a fatica riesce a separare. Dicono un nome:
-Liz!-
-Lizzie!-
-Elizabeth!-
-Maggiore Mace!-
È
lei, è il suo nome, ne è certa. Elizabeth Mary Mace, Maggiore del Corpo dei
Marines.
-Certo che è il suo nome.- dice una voce
d’uomo.
Finalmente
i suoi occhi riescono a mettere a fuoco e lei riesce a capire che si trova in
un letto d’ospedale. Un medico la sta esaminando.
-Come si sente Maggiore?- le chiede.
-Mi gira la testa.- risponde lei.
-Comprensibile. Le hanno somministrato una
dose di anestetico che avrebbe steso un cavallo o quasi. Ha dormito per un
giorno intero.-
Liz
Mace scatta a quelle parole.
-Cosa?-
Le
sembra che la testa sia trafitta da mille aghi e che tutto il mondo le giri
intorno mentre si mette a sedere.
-Dove sono?- chiede stordita.
-Centro Medico Militare Nazionale Walter Reed
a Bethesda, Maryland. È stata portata qui dopo che le hanno dato le prime cure
al Pronto Soccorso di New Rochelle.-
I
ricordi cominciano a ricomporsi come frammenti di un puzzle ma alcuni pezzi si
rifiutano ancora di andare al loro posto.
Era
nella Contea di Westchester, Stato di New York, questo è certo, ma che ci
faceva? E non era sola. Ma chi c’era con lei? Dove sono adesso?
-Gli altri.- balbetta.
Poi
ricade con la testa sul cuscino e chiude gli occhi. Quando li riapre i medici
sono usciti dalla stanza e accanto al letto c’è un ufficiale di Marina dai
capelli bianchi, il Contrammiraglio Henry H. Nelson, suo superiore alla D.I.A.
-Si sente meglio ora, Maggiore?- le chiede con
voce sommessa.
-Io penso di sì.- risponde Liz e in effetti si
sente più lucida adesso -Anche se non riesco a ricordare bene cos’è successo.-
-Lei e il Colonnello St. Lawrence siete state
trovate prive di sensi vicine alla vostra auto sul ciglio della strada che da
New Salem porta a New Rochelle nella Contea di Westchester. Il Colonnello St.
Lawrence aveva una seria ferita alla spalla e aveva perso molto sangue.-
Sì:
ora ricorda: l’agguato di Mike Rogers e della sua squadra e gli altri: Kavita
Rao e Michael Van Patrick in fuga.[1]
-Cary… il Colonnello St. Lawrence è…-
-È viva. È in un’altra ala di questo stesso
ospedale. L’hanno operata e se la caverà.-
Grazie
a Dio, pensa Liz, poi un altro pensiero la fulmina.
-La Dottoressa Rao e il ragazzo?-
-Scomparsi. Non c’è alcuna traccia di loro.-
-Ho fallito!- esclama Liz -Non sono stata
capace di proteggerli.-
-Sono certo che ha fatto del suo meglio,
Maggiore.- replica Nelson.
Davvero?
Si chiede Liz. Al suo posto Steve Rogers avrebbe… aspetta un momento… cosa ha
detto l’ammiraglio? Da come parla sembra che nessuno sappia che lei è Capitan
America, ma com’è possibile? Se l’hanno trovata svenuta e l’hanno curata, devono
averle tolto la maschera, ma allora perché…?
-In che stato ero quando mi avete trovata?-
chiede
-Beh, era svenuta, appoggiata all’auto. Stando
ai medici, le avevano sparato due dardi tranquillanti che poi hanno rimosso.
Due?
Questo spiega perché ha dormito tanto a lungo.
-La mia uniforme?- chiede.
-Non capisco.- ribatte, perplesso, Nelson
-Sgualcita e sporca, immagino. Gliel’hanno tolta in ospedale. Forse sarà tra i
suoi effetti personali nell’armadio.-
E
così aveva ragione. Qualcuno l’ha rivestita con la sua uniforme e si è portato
via il costume di Capitan America e lo scudo. Mike Rogers, può essere stato
solo lui. Ma perché l’ha fatto? Non solo non l’ha uccisa e non ha finito Cary
ma ha pure protetto la sua identità segreta. Non ha senso, a meno che… a meno
che non pensi davvero in qualche modo distorto che ci sia un legame tra loro.
-Ci sono altre brutte notizie.- aggiunge
Nelson col volto cupo.
Mio
Dio, cos’altro è accaduto?
-Camp Lehigh?- mormora Liz in preda ad un cupo
presentimento.
-L’elicottero che doveva portare la mutante
Fatale all’aeroporto militare, dove sarebbe stata presa in consegna da agenti
federali che poi l’avrebbero scortata alla Volta, non è mai arrivato a
destinazione. I piloti e il personale di scorta, compreso il Maggiore Talbot,
sono ufficialmente dispersi, ma presumiamo che siano morti. Poche ore dopo,
qualcuno che assomigliava a Talbot è rientrato a Camp Lehigh. In realtà era
Fatale travestita. In pochi minuti ha ucciso il Tenente Comandante Mitchell, il
Colonnello Rossi e il Dottor Paxton.-
-NO!- urla Liz e lacrime copiose scendono a
rigarle il volto.
L’ultima cosa che Kavita Rao ricorda è il
dolore al collo seguito dall’oblio. Al risveglio si è trovata in una stanzetta
ben arredata ma che comunque altro non è che una cella, come constata
amaramente quando cerca di aprire la porta.
<<Ben svegliata, Dottoressa Rao.>>
dice una voce da un altoparlante.
-Chi siete, perché mi avete portato qui?-
chiede la giovane donna indiana.
<<Può definirci un consorzio interessato
alle sue ricerche, dottoressa. Le offriamo la possibilità di continuarle al
nostro servizio.>>
-Rapendomi? Vi illudete se pensate che
collabori spontaneamente con assassini come voi.-
<<Questo lo vedremo, Dottoressa. Le
assicuro che sappiamo essere molto persuasivi ed alla fine, lei collaborerà,
glielo garantisco.>>
La
voce si spegne e Kavita Rao viene lasciata sola a riflettere sul destino che
l’attende. Michael Van Patrick deve essere qui anche lui, pensa, è sicura che
l’hanno preso vivo ma che ne è stato di Carolyn St. Lawrence e di Liz Mace. Le
hanno uccise forse? Vorrebbe tanto saperlo.
Stando
ai medici, dovrebbe riposare, ma Liz ha deciso di non ascoltarli. Per fortuna
hanno messo lei e Cary in stanze vicine.
Carolyn “Cary” St.
Lawrence, Colonnello dell’Esercito degli Stati Uniti, giovane donna bianca dai
corti capelli neri è seduta sul letto e ha lo sguardo cupo che si
rischiara vedendo entrare Liz.
-Mi immaginavo che saresti venuta.- le dice.
Liz
le si avvicina e dopo un attimo di esitazione la abbraccia.
-Ehi, ehi, calma.- la rimprovera bonariamente
Cary -Rischi di riaprirmi la ferita.-
-Scusami, non volevo…-
-Tranquilla. Sono contenta di rivederti… viva.
Ad un certo punto non ci avrei scommesso un centesimo.-
-Siamo le sole sopravvissute della squadra.-
-Ma tu hai perso molto più di me. Marty
Mitchell e Mike Rossi.-
-Cosa?-
-Non sono stupida. So riconoscere certi segni.
Credo che Marty lo avesse capito ma mi ha detto che era convinto che per te non
fosse stato nulla di serio o glene avresti parlato.-
-Aveva più fiducia in me di quanto ne avessi
io stessa. Resta il fatto che l’ho deluso, ho deluso tutti.-
-Sei troppo dura con te stessa. Hai fatto del
tuo meglio.-
-Davvero? A questo proposito… cosa ricordi di
quello che è accaduto?-
-Parli di Capitan America? A dire il vero non
ricordo la sua presenza. Posso dire che ha dei bei capelli biondi e un bel
sedere, ma non credo che qualcuno me lo chiederà.-
Liz
arrossisce e quasi le esce un sorriso.
-Grazie.- mormora piano.
-E di cosa?- ribatte Cary -Non vedo l’ora di
essere di nuovo in piedi e dare la caccia a quei bastardi.-
-Io non credo che sarò della partita. Non
credo di farcela più-
-Non dirmi che intendi darla vinta a quei
bastardi del Consorzio e i loro alleati? Non sarebbe da te, la donna che ho
imparato a conoscere… e apprezzare.-
-Forse quella donna non esiste più.- commenta
Liz amaramente.
2.
Il mattino seguente Liz
si sta vestendo preparandosi a lasciare l’ospedale quando sente una voce:
-Liz!-
Si
volta e vede sua madre Dorothy, che senza dir niente la abbraccia. Subito dopo
entrano nella stanza suo padre e sua sorella.
-Non… non so cosa dire.- esordisce J. William
Mace.
-Non c’è niente da dire, papà.- ribatte Liz.
-E ora che farai?- le chiede Roberta.
-Domani ci sono i funerali solenni di Marty e
di Mike Rossi.- risponde Liz -Ci andrò e dopo… sarà quello che deve essere.-
Uno
chalet in Svizzera. Una donna alta e segaligna dai capelli bianchi accende uno
schermo su cui appare il volto di un uomo di circa quarant’anni dai capelli
castani, vestito di un impeccabile completo nero a cui la donna si rivolge con
tono imperioso:
-Ottimo lavoro, Bixby, la sua squadra ha
portato a termine il suo compito magnificamente.-
<<Le avevo garantito la loro efficienza.
Mi dispiace solo che l’agente Fatale non abbia fatto a tempo ad eliminare anche
il Dottor Van Patrick prima di essere scoperta.>>
-Forse è meglio così: Van Patrick potrebbe
esserci utile in futuro per gli studi su suo figlio. La Dottoressa Rao si è
decisa a collaborare?-
<<Dubito che lo farà spontaneamente, ma
come lei sa, abbiamo i mezzi per convincerla.>>
-E allora usateli. Mi aspetto risultati al più
presto.-
Conclusa
la conversazione, la donna riflette, poi riaccende lo schermo.
-Buongiorno, Dottor Ryker.- dice all’uomo dai
capelli e barba neri apparso sul monitor -Mi aggiorni sui suoi progressi.-
Il
funerale militare solenne del Tenente Comandante Martin Luther Mitchell della
Marina degli Stati Uniti e del Colonnello Michael Rossi dell’Aviazione degli
Stati Uniti si svolge in una giornata di sole al cimitero monumentale di
Arlington.
Liz Mace riconosce tra i
presenti la Bestia e Rogue degli X-Men e alle loro spalle cinque giovani tra
cui spiccano una Vietnamita e una Nativa Americana. Liz si chiede chi possano
essere e quale sia il loro legame con Mike. C’è anche una donna bionda che lei
ha imparato a conoscere bene: Carol Danvers, ovvero la supereroina oggi nota
come Capitan Marvel, con cui Liz ha condiviso alcune avventure recentemente.[2]
Vengono sparate le
rituali salve di fucileria e le bandiere arrotolate vengono consegnate ai
familiari. Nel caso di Martin i suoi genitori e una sorella. Nel caso di Mike,
che non aveva parenti viventi, la prende in consegna proprio Carol. Pare che
Rossi abbia nominato solo lei e Liz stessa nel suo testamento.
Le
due donne si guardano ma Liz si gira e si avvia all’uscita ignorando tutto e
tutti. È appena fuori che un uomo ben vestito con i capelli biondi e occhiali
che gli danno un’aria da insegnante le si avvicina e le chiede:
-Liz… posso fare qualcosa?-
-Rogers!- esclama Lei riconoscendolo -No, non
puoi fare niente. Ho già fatto tutto io. Ho combinato un disastro: mi sono
fatta sconfiggere come una dilettante e per giunta mi sono fatta rubare il
costume e lo scudo. Non sono più degna di essere Capitan America, se mai lo
sono stata.-
-Le sconfitte accadono.- ribatte Steve Rogers
-Quel conta è non mollare, tornare a combattere e vincere. Non ti avrei mai
lasciato il manto di Capitan America se non avessi pensato che ne eri degna e
lo penso ancora.-
-Ma lo scudo…-
-Lo scudo è solo uno strumento e un costume è
solo un costume. Quello che conta davvero è chi lo indossa. Il mondo ha ancora
bisogno di Capitan America, ha bisogno di te.-
Vorrei
davvero riuscire a crederci, pensa Liz.
3.
La donna bionda in tailleur nero guarda la giovane donna dai capelli
neri sdraiata sul lettino a cui è legata da cinghie di contenzione, che non
basterebbero a trattenerla se non indossasse anche un collare che le inibisce
l’uso dei suoi superpoteri, precauzione inevitabile visto che Mary Walker sarà
anche una ragazza tormentata che soffre di personalità multipla, ma tutte le
sue personalità , tranne una, sono prive di senso morale e la ucciderebbero
senza rimorso.
La
Dottoressa Karla Sofen, meglio nota come la supercriminale Moonstone, non può
non cogliere l’ironia della situazione, perché molti direbbero la stessa cosa
di lei ed avrebbero sostanzialmente ragione, tuttavia, l’opportunità di curare
una psiche frammentata come quella sarebbe irresistibile per qualunque
psichiatra e se c’è una cosa a cui Karla non è mai stata capace di resistere
sono le sfide.
Si
rivolge alla ragazza:
-Sei pronta per una nuova seduta di
ipnosi,Mary? Potrebbe anche essere quella decisiva.-
-Ho paura.- replica una vocina sommessa. La
piccola, innocente, Mary.
-Che stupida.- ribatte una voce secca,e
dura.-Se potessi, ti ucciderei.- Bloody Mary, la pazza ultrafemminista.
-Io ucciderei la dottoressa.- aggiunge
un’altra voce ancora, Typhoid Mary, la psicopatica lussuriosa -Dopotutto, lei
vuole eliminarci tutte.-
-E farebbe solo bene, sciocche.- ribatte
un’ultima voce, quella di Walker, la pragmatica -Noi ci saremo sempre e una Mary davvero completa sarebbe la somma
del meglio di noi tutte.-
O
del peggio? Si chiede Karla dopo aver visto lo scorrere delle quattro
personalità principali con quel poco di mutamenti fisici che l’inibitore
permette. Forse è proprio quello che cercano i suoi datori di lavoro. In ogni
caso,anche lei è curiosa di vedere cosa accadrà.
-Cominciamo.- dice infine –Torniamo a dove
tutto è iniziato...-
Lo
sguardo della donna sul lettino si perde nel vuoto verso luoghi, suoni e odori
lontani nello spazio e nel tempo.
Un posto come tanti, dove tutto si ripete immutabile
ed uguale: la vita quotidiana
degli abitanti del quartiere: donne che fanno la spesa, bambini che giocano,
studenti che tornano da scuola.
Una studentessa in particolare che torna da scuola... Mary che torna da scuola.
Una lunga strada.
Una voce, delle braccia, una spinta,
tutto buio, sangue... l'improvviso dolore alla testa. La puzza di muffa della
cantina, il tanfo del cibo andato a male. E poi, profumo di rose...
Morte...
Sangue... Violenza... Sesso...
Alza
le braccia al cielo, verso la pioggia di petali rossi che le cadono addosso .Ogni
petalo che tocca il suo corpo cambia forma, diventa liquido e le cola sulla
pelle. Le sue membra si chiazzano di sangue. Tutto quello che tocca diventa sangue.
È nata nel sangue, è stata battezzata nel sangue.
Urla con tutto il fiato che ha in gola.
Il Contrammiraglio Henry H, Nelson guarda Liz Mace
davanti a lui con aria decisamente sorpresa.
-Che vuol dire questo?- chiede indicando il foglio che lei gli ha
appena dato.
-C’è scritto.- replica, quieta, Liz -Sono le mie dimissioni. Dal Corpo
dei Marines, dalla D.I.A.[3] e dal
J.A.G.-[4]
-Ma perché?- chiede lui.
-Non sono più in grado di fare il mio lavoro. La cosa più logica che
posso fare è andarmene. Non sono più utile a nessuno.-
Nelson si morde le
labbra, poi piega il foglio e lo infila in un cassetto.
-Torni a casa, Maggiore, si prenda qualche giorno di riposo e se avrà
ancora intenzione di dimettersi ne riparleremo.-
-Non cambierò idea.-
-Chissà? Ora vada, Maggiore.-
Liz fa il saluto e poi
esce. Si sente le spalle molto pesanti.
Boss Morgan è chiaramente arrabbiato.
-Hanno tentato di uccidermi e voglio sapere chi ha osato tanto
praticamente in casa mia.-
-Ci stiamo lavorando capo ma…- inizia uno dei suoi luogotenenti.
-Niente ma: nessuno fa questo a me e la passa liscia. Voglio la testa
dei responsabili e la voglio alla svelta o farò saltare io qualche testa.-
Prima che qualcuno
possa replicare alla non troppa velata minaccia di Morgan, ammesso che osino
farlo, qualcuno bussa alla porta dell’ufficio.
-E adesso chi è che rompe i…- brontola il boss del crimine di Harlem.
Dalla porta fa capolino
Leila Taylor.
-Io e le bambine volevamo salutarti prima di partire per Los Angeles,
Paul.- dice.
L’umore di Morgan si
raddolcisce di colpo nel vedere le due gemelle entrare assieme alla madre.
-Sono sempre felice di vedere le mie gemelline preferite.- dice sorridendo, poi si rivolge ai suoi
luogotenenti –Sapete cosa dovete fare, fatelo ed ora andate.-
Mentre i luogotenenti
escono, Leila si rivolge alle bambine.
-Da brave, dite ciao allo zio Paul.-
-Ciao zio Paul.- dicono all’unisono le gemelle Regina e Rosetta Taylor.
Zio Paul un accidente,
pensa Morgan chinandosi verso le bambine e sfoggiando il suo migliore sorriso.
-Siete davvero delle bambine beneducate, sapete?- dice prendendole in
braccio -E state diventando anche sempre più pesanti.-
Gioca un po’ con loro
poi le mette giù e si rivolge alla loro madre:
-Sono contento che hai deciso di accettare la mia proposta. Qui le cose
si fanno davvero serie e non voglio che qualcuno provi a colpire voi per far
del male a me. Il mio amico di Los Angeles si occuperà di voi appena sarete
arrivate.-
-È un gangster come te?- chiede Leila.
-È un onesto uomo d’affari come me.- replica Morgan con un sogghigno
-Ha perfino una bella casa nei sobborghi, una bella moglie e un figlio che
frequenta una delle migliori scuole della Contea. Ti troverai bene sotto la sua
protezione.-
-Sarà.- borbotta Leila poco convinta -Tutto questo cosa ha a che fare
con la morte di quella giornalista, Linda Scott?-
-Nulla, perché io non so nulla di quella faccenda.-
-Dici sul serio?- l’hanno vista più volte nel tuo locale.-
-Mi stava facendo un intervista, contenta? Mi viene da pensare che tu
sia gelosa.-
-Te l’ho già detto, Paul: non m’importa se te la sbattevi, sono fatti tuoi,
ma m’importa, e molto, che le conseguenze delle tue azioni ricadano sulle mie
figlie.-
-Non accadrà,Leila. Farò tutto ciò che è in mio potere per proteggere
te e le bambine, te lo giuro.-
E Leila sente che
stavolta è sincero.
4.
Karla Sofen vede Mary agitarsi e sente il suo urlo
disperato. Cosa sta avvenendo in quella mente? Si chiede. Quali traumi sta
rivivendo?
Mary Walker, un'adolescente come
tante, al ritorno da un giorno di scuola come tanti. Un furgoncino coi
finestrini oscurati le si ferma accanto, una voce le chiede un'informazione,
lei si avvicina e due mani l'afferrano per il colletto della camicia tirandola
dentro. Un colpo alla testa e tutto diventa nero.
Si sveglia in una cantina, ridestata
dalle note di Yesterday, nuda, legata ad una parete con una spessa corda di
canapa che le lacera la pelle ad ogni movimento. Davanti a lei un uomo, che sta
trafficando con una pila di LP. e quando si accorge che si è svegliata, assume un'aria
dispiaciuta e decisamente inquietante in
uno come lui
Stephen Marsh si avvicina e Mary ha
paura. Non capisce quello che le dice. Parla di musica, dei Beatles. La picchia
con furia selvaggia, poi… poi… si cala i calzoni e le è addosso. La ragazza
prova a gridare, ma l'uomo le tappa la bocca con una mano mentre con l'altra le
allarga le gambe.
E così, in una cantina umida e buia,
la verginità di Mary le viene brutalmente strappata.
Va avanti così per cinque lunghi,
interminabili, giorni, in cui lentamente Mary inizia a spegnersi, a non avere
più la forza di opporsi...e mentre
il suo corpo rimane immobile, la sua mente è in continuo fermento.
Le azioni di Marsh le stanno causando un trauma probabilmente irreversibile.
Nella sua testa, come nella testa di
ogni essere umano, vivono separati il suo Io e i suoi istinti più profondi, i
suoi desideri repressi, che la società in cui viviamo la obbliga a rifiutare, a
relegare nei luoghi più reconditi del suo subconscio. Mentre Marsh continua a
stuprarla, inizia nella sua mente un processo ormai inarrestabile. La barriera
sottile tra Io, Es e Super-Io va in pezzi, ciò che è sempre stato il suo lato
nascosto e perverso esce fuori salendo allo stesso livello della sua identità
principale alimentandosi con le paure e le angosce, ma anche con l'odio, la
rabbia e il rancore, e si dà un nome: Typhoid.
-Mary
ha chiuso gli occhi per l’ultima volta e io li ho riaperti.- dice con voce
cupa.
A
Washington D.C. il neo insediato congressista Sam Wilson siede in un bar con un
vecchio amico.
-Sono preoccupato
per lei.- sta dicendo Steve Rogers -Ho provato a scuoterla ma si sta lasciando
andare.-
-La colpa è anche
mia.- replica Sam -Avrei dovuto tenerla d’occhio ma ero troppo preso dai miei
problemi personali.-
-Non avresti potuto
far niente. È una donna adulta e responsabile. O almeno lo era prima di vedere
il suo mondo andare in frantumi.-
-Che possiamo fare,
allora?-
-Pregare.- conclude
Steve -E sperare che ritrovi la strada che ha smarrito.-
Liz Mace è nella sua casa di Falls Church, Virginia, seduta a
contemplare il nulla, a riflettere su dove è andata la sua vita. Marty Mitchell
è morto. Lo amava ma non glielo ha mai detto, non nel modo che conta davvero, e
ora non potrà più farlo. Anche Mike Rossi è morto. Capo, amico ed amante, la
prova che lei è solo un fragile essere umano, incapace di resistere alle
tentazioni. Se fosse stata una donna migliore, un Capitan America migliore, Marty,
Mike, Matt Talbot, Jacob Paxton sarebbero ancora tutti vivi.
Il suono del campanello la distrae dai suoi
pensieri. Svogliatamente va ad aprire. È il postino che le consegna un pacco.
Lo prende e deve ammettere che è incuriosita. Non
c’è mittente e questo è strano. Chi può essere stato a mandarglielo? Lo
appoggia sul tavolo del soggiorno e lo
apre, poi fa un balzo indietro dalla sorpresa.
All’interno ci sono il suo costume e il suo scudo.
Li tocca. Lo scudo è autentico, non c’è il minimo dubbio. C’è anche un
biglietto. Liz prende lo tra le mani, lo rigira ed infine si decide a leggerlo.
Sul biglietto c’è scritto in stampatello:
NON MOLLARE!
M. R.
-Brutto figlio di…- esclama lasciandolo cadere a terra.
5.
Con tutta calma Karla Sofen osserva la sua paziente
agitarsi sul lettino. La sua voce è diversa ora. Non è nessuna di quelle che ha
udito sinora. Che sia lei la vera Mary Walker?
Le gocce di sangue colano per terra,
formando grosse macchie irregolari che sembrano pozzi senza fondo.
Il rosso delle rose, si unisce al rosso
del sangue nel turbinio di un vortice da
cui lei si sente risucchiata e da quel vortice salgono loro: Lyla Hughes, la giovane
prostituta in un bordello clandestino di New York, Mary Mallon, la dolce e
spaurita ragazza bisognosa di protezione, Bloody Mary, la femminista arrabbiata
che vuol vedere morti tutti i maschi, Walker, la cinica opportunista, Helen, la
sorella che avrebbe tanto voluto avere.
Tendono le loro mani a Typhoid
e tutte insieme formano un cerchio e da quel cerchio sale una sola voce.
-Noi siamo UNA!-
Si alza così di scatto che spezza le
cinghie di contenzione, poi si mette a sedere, guarda verso la psichiatra e
sorride.
-Ciao Dottoressa
Sofen. Posso chiamarti Karla?-
-Tu!- esclama Karla
Sofen -Tu sei… sei…-
-Quella che volevi
tanto incontrare. Sono Mary Walker, lieta
di fare la tua conoscenza.-
Quando entra nell’Ufficio del
Contrammiraglio Nelson Liz Mace ha decisamente un’aria più determinata
dell’ultima volta.
-Ha ancora la mia
lettera di dimissioni?- gli chiede.
-Cosa?- esclama lui
-Ma certo.-
-La stracci. Non ho
alcuna intenzione di mollare. C’è da rintracciare Kavita Rao e Michael Van
Patrick e farla pagare a quei figli di puttana che li hanno rapiti ed hanno
ucciso i miei commilitoni.-
-Ne sono lieto… e
il Colonnello St. Lawrence la pensa di certo come me.-
Solo ora Liz si accorge che in un
angolo dell’ufficio è seduta Cary St. Lawrence che la saluta sorridendo:
-Ciao,Liz. Lieta di
vedere che stai meglio.-.
-Grazie. E tu, come
stai? La tua spalla…-
Cary indica la fasciatura alla
spalla sinistra.
-È meno grave di
quel che sembra.- risponde -Dovrò portare il braccio al collo per qualche
giorno e fare un po’ di fisioterapia ma recupererò la piena funzionalità in
breve tempo.-
-Ne sono felice.-
replica Liz.
-Bene, signore…-
interviene Nelson -… vi consiglio di andare a riposare. Domani mattina
partirete per Camp Lehigh e vi incontrerete coi vostri nuovi compagni. La
vostra missione continua e mi auguro che riuscirà a fare quello che si è
prefissata, Maggiore.-
-Ci può contare,
signore,- replica Liz facendo il saluto e sbattendo i tacchi.
Liz rientra a casa e si dirige in
camera da letto. Contempla il costume sul letto e comincia a spogliarsi, poi
indossa il costume. Prima i pantaloni seguiti dagli stivali, poi la maglia e i
guanti. Per ultima la maschera.
Afferra lo scudo e assapora il
piacere di impugnare quell’oggetto unico. Si osserva nello specchio e riflette
sul significato del costume che indossa, per lei e per tanti altri. Non cederà.
Per loro, per suo fratello per se stessa, per tutti coloro che contano sulla
presenza di Capitan America e per quelli che la temono.
La sua voce è decisa mentre dice:
-Sono tornata.-
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Davvero poco da dire su questa
storia, a parte:
1) Un doveroso ringraziamento a Fabio Volino di cui sto usando concetti e
personaggi, a dire il vero abbastanza assenti in questo episodio ma che torneranno
a partire dal prossimo.
2) Un altro ringraziamento va a Xel aka Joji dalle cui storie di Lethal
Honey su Typhoid Mary ho attinto a piene mani per diverse sequenze di questo
episodio.
3) I più attenti di voi avranno riconosciuto tra i presenti al funerale
cinque degli originali Nuovi Mutanti che con Mike Rossi divisero una brutta
avventura.
Nel prossimo episodio: facce nuove, vecchi nemici e alcune sorprese, per
tacere di un po’ di sana azione.
Carlo